martedì 15 novembre 2011

Iudicium - Truffaut (1959-1961)



Vi avevo promesso un consiglio cinematografico. In realtà avrei voluto fare una dettagliata recensione dei primi tre film di Truffaut. Purtroppo la pigrizia gioca brutti scherzi, quindi eccomi qui a scrivervi giusto due cosine a riguardo. In apertura, ascoltatevi la canzone qui sopra, è di un (da me amatissimo) gruppo di Torino, i Verlaine. Qui la loro pagina su Rockit, dove potete ascoltare tutto il loro album. Ebbene, proprio l'ascolto del suddetto pezzo mi ha fatto venire voglia di affrontare, in ordine cronologico e in lingua ufficiale, tutta la filmografia di Truffaut. E, di tanto in tanto, vi scriverò come procede l'impresa.
Il nome di Truffaut è legato alla Nouvelle Vague, ma è piuttosto lontano dagli sperimentalismi e dall'originalità, per esempio, di un Godard. Truffat è soprattutto un gran narratore, che sa scrivere storie e costruire personaggi (che in un caso travalicano addirittura i limiti del singolo film), ne narra disgrazie e gioie (soprattutto le prime, sia chiaro, e lo ringraziamo per questo), ne eviscera i caratteri.
Les quatre-cents coups (I quattrocento colpi, 1959) ci porta nel mondo dell'infanzia, che poi è un po' il mondo della poesia, di quella poesia della piccole cose, dei ricordi, delle esperienze. Un'infanzia non facile, conflittuale, che ci mette da subito in contrasto col mondo, coi genitori, con le regole stesse del vivere civile; il piccolo Antoine vorrebbe godersi la vita, per quel poco che può, ma si scontra con la realtà, che impone, reprime, ordina. Ma questo tema, che un altro registra avrebbe trattato con pesantezza, amarezza e angoscia, viene affrontato da Truffaut con una leggerezza, un'evanescenza, un'innocenza davvero poetica (nel senso più prosaico - scusate il gioco di parole - del termine), quasi a voler dire che è con gli occhi di Antoine, del bambino, che bisogna guardare alla vita, che bisogna sfidare il mondo e la società, non con la malizia e col senso di sconfitta degli adulti. Un film davvero delicato, nonostante, nel finale, le tematiche siano tutt'altro che facili e leggere, a metà strada fra fantasia e biografia, una biografia forse che appartiene un po' a tutti, almeno a livello spirituale.
Tirez sur le pianiste (Tirate sul pianista, 1960) è forse il film più particolare di questo primo periodo. Formalmente è un noir, si rifà palesemente al cinema americano di qualche decennio prima, ma con una gran carica di originalità e personalità. Charlie (interpretato da Charles Aznavour) fa il pianista in un locale e, tirato dentro dai suoi fratelli ladri, finisce in una faccenda di soldi, pallottole e rapimenti. Fin qui tutto normale, ma la novità di Truffaut sta nell'inserire, all'interno del classicissimo plot, una serie di elementi piuttosto decentrati: lunghi flashback sulla carriera da musicista di Charlie e sul suo primo matrimonio, lunghi monologhi su come approcciare la bella di turno, dialoghi surreali fra gangster dal cuore tenero (come Tarantino, trent'anni prima di Tarantino), intermezzi musicali completamente gratuiti... Insomma, un gioco cinematografico, che per un istante lascia da parte il piglio biografico ed esistenziale, ma non abbandona la poetica delle piccole cose e dei sentimenti.
Jules e Jim (1961) è ambientato nei primi del '900: è la storia di una grande amicizia, fra i due artisti-scrittori-bohemienne Jules e Jim, e del loro rapporto con Catherine (interpretata dalla bellissima J. Moreau), donna emancipata e decisamente "anni '60". Una triangolo amoroso, quindi, che all'epoca fece scandalo, ma che non può non dirsi assolutamente romantico e sentito, vitale, mai piatto e monotono, ma passionale, intenso, altalenante, in una parola, vero. Tre persone che, un secolo fa (all'epoca mezzo secolo fa), decidono di vivere secondo il corpo e non secondo le regole, seguendo l'arte e non la società. Fantastico il montaggio, fatto di vecchi filmati di repertorio, scene spesso giustapposte o parallele, tutto unito da una voce narrante e un'onnipresente attenzione formale alle inquadrature, soprattutto quelle ai piccoli gesti e oggetti quotidiani. Questi ultimi due elementi, in particolare, danno al prodotto un'aria fiabesca, trasognata, romantica, la stessa che, molti anni dopo, ritroviamo in Le fabuleux destin d'Amélie Poulain (Il favoloso mondo di Amélie, 2001) di Jeunet, che deve davvero tanto a Jules e Jim.
Guardare per credere.

12 commenti:

  1. Ho appena ascolato un po' i Verlaine sulla loro pagina, e già al primo ascolto devo dire che non sono male, mi piacciono (carina T'ho già detto il mio nome!): bel sound! ;)
    Più tardi magari (o domani) passo per il resto del post, che già mi piace per aver adocchiato qualche parola qua e là della lingua di Molière, che te lo dico a fare?! :D

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  2. Purtroppo di Truffaut ho visto solo "La sposa in nero" che lo stesso regista sembra non amasse abbastanza. Ai tempi mi piacque ma confesso di aver preferito poi la rivisitazione di Tarantino con Kill Bill (forse inorridisci?).
    Ciao squilibratoeccentrico ;)

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  3. Post interessantissimo, complimenti!
    Premetto che mi ritengo un'assoluta ignorante in materia cinematografica, tuttavia trovo che un buon film possa dare "l'inquadratura" giusta alla giornata, o smuovere il pensiero verso direzioni che non avresti preso in considerazione.
    Sbaglio o c'è un po' di Pascoli, in Truffaut? Magari è superficiale e inesatto, come collegamente, ma mi ricorda molto la poetica del fanciullino...
    L'ultimo che hai citato sarà il primo che guarderò (so di stupirti ;), Il favoloso mondo di Amélie Poulain è uno dei miei film preferiti.

    Grazie per i consigli, i Verlaine li conoscevo già, sebbene non li abbia mai ascoltati "sistematicamente". Sono di Torino, eh? Ma non mi dire... ;)

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  4. @ Vince: eh si, ogni tanto un po' di gallicità ci sta (che poi anche i Verlaine all'insegna del francese, basta dare un'occhiatina a testi!)

    @ Orsa Bipolare: no no, non inorridisco affatto, sono un grande fan di Tarantino (sebbene Kill Bill non sia al vertice dei suoi film)! A suo tempo ne parlerò, della Sposa in nero ;)

    @ Your Noise: sulla questione di "tornare bambino" si, ci sono somiglianze fra i due, però T. ha una leggerezza che per certi aspetti lo rende ancora più efficace di Pascoli: non ha la sua morbosità, la sua pesantezza; in poche parole: per entrambi l'artista deve farsi bambino, ma per T. anche lo spettatore deve farlo ;)
    Si, Jules e Jim è di certo, fra questi primi 3, il più moderno, consiglierei un po' a tutti di iniziare da questo!
    Ehhh si, di Torino ;)

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  5. Ti ho già detto il mio nooomeee... Non ti ricordi di mèèèèèè?! Ordina ancora da bere... e fammi riiideeereee... No, scusa, è che mi è ormai entrata in loop. :P

    Sono ancora in tempo per finire di commentare come detto sopra? Sì, ancora pochi minuti, ma ce la fo'. ;)

    Allora:
    di Truffaut ho visto, tra quelli citati, Tirez sur le pianiste e un po' di Jules e Jim; poi, conosco anche L'homme qui amait les femmes. Devo dire che come regista mi garba un bel po', e condivido la tua lucida critica al riguardo (pascoliniano ed oltre...).

    Per la mia quinta ed ultima annualità di francese ho dovuto visionare - mi ci hanno costretto... eheh... -, poi (in ordine): La grande illusion (J. Renoir); Le jour se lève (M. Carné); Au revoir les enfants (Louis Malle); Les roseaux sauvages (André Téchiné); Le goût des autres (Agnès Jaoui). I primi due...... due palle che non ti dico... ahahah... :D

    Comprendo bene la difficoltà, comunque, anche per questo, e t'ammiro per il coraggio di volerli vedere in lingua madre.
    Si tu as besoin de quelque consultation, je suis là. ;)

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  6. Hehe! sempre lieto di fare pubblicità ai Verlaine...
    Lu0omo che amava le donne è molto bello, ne parlerò presto ;)
    Ma no!! La grande illusione bellissimo! E anche Carnè è un grande! Certo, non sono proprio Blockbuster, ma se piace il cinema francese sono imperdibili!
    La lingua madre è fondamentale, quasi sempre fa la differenza! Con il francese poi non è troppo difficile. Quando vorrò gaurdare tutto Kurosawa sorgeranno i problemi ;)

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  7. Renoir e Carné non sono poi da buttare :), non è che li ho trovati orrendi, però... diciamo che ho preferito di gran lunga gli altri.

    La lingua madre e fondamentale e... il francese, oddìo, non è che sia poi facilissimo a livello di comprensione (tendono a mangiarsi intere sillabe; conosco vari accenti, te lo dico per esperienza :)).
    Ovvio che poi coi sottotitoli, anche in lingua, non vale! ... Eheheh... :P

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  8. P.S.: La parola di verifica era latet... :D
    Va intesa alla francese, quindi come "la testa", o in altro modo, tipo all'italiana? ... Eheheh... :P

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  9. Ah, come voce del verbo lătēre, terza persona singola dell'indicativo presente?!
    Non ci avevo pensato... ;)

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