E così, in un tiepido mattino di novembre, da buon Pasquale
Amitrano ho preso la mia brum-brum e mi sono fatto gli ormai conosciutissimi 60
km fra Alba e Torino, per provare l’ebbrezza di essere nominato “elettore di
centrosinistra”. Ora, sto cazzo di certificato lo brucerò il più presto possibile,
sia chiaro, però, wow, Torino.
Era un po’ che non ci andavo di domenica mattina. La
nebbiolina sul Lungopò, i rari 16 deserti e pigri, i bicchieri semivuoti lasciati
davanti alla mia vecchia casa, qualche impavido, infreddolito sbandato che ancora
vaga dalla notte prima… E io che faccio, in tutto questo? Mi infilo in una
sottospecie di Circolo ARCI (che di giorno è una cosa un po’ triste da fare) a
mettere croci su schede colorate? Sto invecchiando, decisamente.
E come ogni volta mi prende la nostalgia, voi già lo sapete,
è più forte di me quando passo per Torino. Ah, per inciso, mi stanno chiudendo
i Murazzi. Sarebbe lungo da spiegare, le scuse sono sicurezza pubblica, abusivismo
edilizio, blablabla… In realtà si tratta di decoro pubblico e del tentativo di
trasformare il centro in un bella bomboniera impacchettata da regalare ai
turisti. Dimenticando che se Torino è riuscita a scrollarsi di dosso quel
grigiore che l’ha contraddistinta fino a qualche anno fa, è anche grazie ai
Murazzi. Per me sono un luogo vivo e vitale, dove ho incontrato molte persone
fantastiche, luogo di ispirazione per questo e per tante altre cose, compreso il
mio libro.
Ed è pensando a questo che me ne sono tornato a casa, col
mio certificato cattocomunista in tasca, dando un calcio a un avanzo di mojito
davanti al mio vecchio portone e facendo ciaociao con la manina ai Murazzi.