domenica 25 novembre 2012

Amitrano, Primarie e Murazzi




E così, in un tiepido mattino di novembre, da buon Pasquale Amitrano ho preso la mia brum-brum e mi sono fatto gli ormai conosciutissimi 60 km fra Alba e Torino, per provare l’ebbrezza di essere nominato “elettore di centrosinistra”. Ora, sto cazzo di certificato lo brucerò il più presto possibile, sia chiaro, però, wow, Torino.
Era un po’ che non ci andavo di domenica mattina. La nebbiolina sul Lungopò, i rari 16 deserti e pigri, i bicchieri semivuoti lasciati davanti alla mia vecchia casa, qualche impavido, infreddolito sbandato che ancora vaga dalla notte prima… E io che faccio, in tutto questo? Mi infilo in una sottospecie di Circolo ARCI (che di giorno è una cosa un po’ triste da fare) a mettere croci su schede colorate? Sto invecchiando, decisamente.
E come ogni volta mi prende la nostalgia, voi già lo sapete, è più forte di me quando passo per Torino. Ah, per inciso, mi stanno chiudendo i Murazzi. Sarebbe lungo da spiegare, le scuse sono sicurezza pubblica, abusivismo edilizio, blablabla… In realtà si tratta di decoro pubblico e del tentativo di trasformare il centro in un bella bomboniera impacchettata da regalare ai turisti. Dimenticando che se Torino è riuscita a scrollarsi di dosso quel grigiore che l’ha contraddistinta fino a qualche anno fa, è anche grazie ai Murazzi. Per me sono un luogo vivo e vitale, dove ho incontrato molte persone fantastiche, luogo di ispirazione per questo e per tante altre cose, compreso il mio libro.
Ed è pensando a questo che me ne sono tornato a casa, col mio certificato cattocomunista in tasca, dando un calcio a un avanzo di mojito davanti al mio vecchio portone e facendo ciaociao con la manina ai Murazzi.

venerdì 23 novembre 2012

Iudicium - Nicolò Tambone, "Punto Critico - That's amore"


Ho già parlato, in passato, di cose scritte da amici. Inadeguatezza, imbarazzo, sostanziale constatazione che non è possibile fare critica ma solo pubblicità, sindrome da foglio bianco, etc… Perché farsi/vi del male, allora? Perché, fondamentalmente, Punto critico – That’s amore di Nicolò Tambone è un racconto interessante. Lo è per la storia che racconta, lontana da biografismi di maniera, ma anche da affettazione pseudoletteraria: la storia, comune e speciale al contempo, di un uomo di mezza età che deve far fronte a una difficile separazione, alle frustrazioni del lavoro e alle tante nevrosi della vita quotidiana.
C’è una dimensione orizzontale del racconto, che si dipana come una sorta di seduta psicanalitica e ripercorre la vita del protagonista, il suo rapporto coi genitori, il matrimonio, la realizzazione lavorativa, la crisi, i tentativi di ricominciare: la narrazione, non a caso, inizia sul lettino di uno strizzacervelli e finisce, genialmente, con l’assunzione di uno Xanax. Siamo lontani dai facili biografismi, dicevo, ed è questa la forza del racconto: l’assimilabilità, la possibilità di immedesimarsi nel percorso nevrotico del protagonista, fatto di infiniti piccoli ostacoli, quelli che la società moderna (ma forse ogni tipo di società) ci mette davanti.
E proprio con le idiosincrasie della civiltà ha a che fare la dimensione verticale di Punto critico: Tambone parla di questione meridionale, di cucina, di attualità, ed è l’irrompere del quotidiano, del contingente, a complicare l’esistenza, ma anche a insaporirla, a differenziarla.
All’incrocio dei due assi, il conflitto generazionale, che è la vera e propria colonna vertebrale del racconto, riassorbendo in se la dimensione storica e le diverse sfaccettature dell’essere.
Una narrazione, per concludere, breve e densa, che ha in questo equilibrio fra contingenza e tenue esistenzialismo il suo punto forte.
E, signore e signori, questo racconto mi ha anche obbligato ad aprirmi al mondo informatico, al Kindle. No, no… Non ho comprato nessun e-reder, eccheccazzo, scrivo in latino, sono un filologo, manoscritti, robe medievali, avete presente no?, non fraintendete. Ho solo scaricato il programmino sul piccì. E non credo si ripeterà. Brigata Ludd: avanti, march.
Però, amici, questa formula permette di leggere Punto critico al costo di un caffè. Quindi veloci a scaricarlo, avanti march pure voi!

venerdì 16 novembre 2012

Dopo (R)omero, niente di nuovo.



 
Si, amico mio, lo so. Io lo so, lo sento dal profondo del mio cuore, che siamo uguali. Non importa che tu abbia quei capelli sparati, quel muscoletto unto che spunta dalla Lacoste, non importa che tu abbia le sopracciglia rifatte o che tu tenga il ritmo col piede nonostante in sottofondo ci sia questo orribile pezzo di Rihanna o di non so quale altre popstar dal petto ambito. Stavolta no, non voglio dare retta al buon vecchio Darwin, che ha tracciato diversi gradini di evoluzione fra me e te (chi dei due stia più in alto su questa scala, per carità, è a libera interpretazione); davanti a tutto questo siamo eloquentemente, disgraziatamente, semplicemente lo stesso tipo di creatura. Le nostre fidanzate vanno e vengono e si provano vestiti e ce li portano a far vedere, e si fanno vedere da noi prima in un modo e poi in un altro, ci chiedono pareri per non ascoltarli, riprovano le stesse cose, si cambiano, si scambiano, si alternano, afferrano, arraffano, indossano, gettano, svestono, vestono, specchiano, piangono, chiedono, sbuffano, corrono avanti e indietro fra i corridoi di questo mostro prefabbricato e sterile chiamato Outlet
E noi ce ne stiamo inebetiti, in balia degli eventi, amorfi, stanchi, incurvati. Incrociamo i nostri sguardi, non ci diciamo niente, ma un po’ mesti lo capiamo. E non c’è bisogno di altro, fratello. Quasi ti offrirei da bere, nonostante il tanfo del tuo dopobarba sia insopportabile, nonostante probabilmente tu voti PDL, nonostante il fatto che l’ultimo libro da te letto sia il sussidiario, nonostante – non mentire, lo so – tu sia della Juve. Io e te, della stessa carne e dello stesso sangue, a soffrire del male di vivere, davanti alle nostre Beatrici, che sfrecciano con tele e stoffe e gonne e maglie e top e slip e gloss e short, e ci esortano a essere presenti, attivi, partecipi della loro "vita".
La verità, amico, è che mi sembra di essere ne L’alba dei morti di Romero. Già, probabilmente nemmeno sai di cosa stia parlando (anche perché non ti sto parlando, deve essere qualche forma di telepatia… Se mi stai capendo, non farmi un cenno con il capo. Ottimo.), te lo consiglio però. È più eloquente di mille sproloqui sul consumismo e sulla massificazione.
No amico, non credo lo diano anche in 3D.

mercoledì 14 novembre 2012

La persistenza della memoria

[S. Dalì, La persistenza della memoria]



All'ingresso di una nota università del nord Italia. No, non Torino. Manco Venezia. Nah, nemmeno Genova. Eh, giusto, proprio quella che stai pensando. Un laureando depresso, stanco e pendolare, di nome "Io" e un odioso ragazzo a caso che si chiama "Ragazzo".

Ragazzo (entusiasta): Ehi, ehi! Scusa, tu…!
Io (seccato): Mh…
Ragazzo: Ciao, guarda, stiamo organizzando dei seminari sulle tecniche di memorizzazione rapida! Si tratta di incontri di quaranta minut…
Io: No grazie, davvero, non…
Ragazzo (un po’ offeso): Perché no?
Io (disorientato): Ehm, perché ho finito.
Ragazzo: Cosa?
Io: Gli esami!
Ragazzo: E allora?
Io: Non mi serve memorizzare più niente…
Ragazzo: E non vuoi ricordare quello che hai imparato in tutti questi anni?
Io (sconvolto): Oppercaritàdiddio, no! Voglio solo dimenticare tutto il più in fretta possibile.
Ragazzo: Dai, su, dimmi un numero!
Io (con svogliatezza): Sette…
Ragazzo: No, uno più lungo!
Io: Mh… Novemilanovecentonovantanove…?
Ragazzo: Ma no, lungo nel senso di difficile. Tipo, chessò, 340512669748!
Io: E perché mai dovrei aver bisogno di imparare un numero del genere…?!