È passato così, puff,
senza clamore, senza destare à rebours o amarcord o j’accuse, quasi due
settimane fa. Probabilmente la sua importanza è stata annebbiata da quella del Giorno della Memoria. E dire che lo aspettavo da anni, questo anniversario. Cioè, è
proprio uno di quegli eventi che avrei voluto perpetuare davanti a un brindisi
o a un’overdose o a una maratona di Star Wars o a una memorabile partitona a
Lotta di Classe… E invece no, ho dormito fino a tardi, ho scribacchiato, ho
fatto una diretta in radio e basta, niente celebrazioni, incensi, messe nere o
sacrifici umani.
Certo, il 2014 non è un
anno qualsiasi per gli anniversari. Così, su due piedi, mi vengono in mente il
quarantennale della strage di Piazza della Loggia e del ritrovamento dell’australopiteco
Lucy (aneddoto da sussidiario), il trentennale della morte di Berlinguer e
quello dell’arrivo al Napoli di Maradona, il ventennale della morte di Kurt Cobain.
Ahhh, Kurt Cobain. Il 5
aprile 1994 si spara/viene sparato (questa è per gli allegri complottisti) a
Seattle, diventando un’icona del disagio giovanile. Io a quei tempi avevo sei
anni e mezzo, eppure la cosa in qualche modo mi segnò, e divenni, fra una
tartaruga ninja e un cavaliere dello zodiaco, l’orribile persona che sono oggi.
Ma prima, ben prima di tale fatidico giorno, un altro evento segnò me e la mia
generazione, ben più della fine della moda dei camicioni di flanella a quadri e
dell’eroina.
[Ho sempre desiderato i suoi maglioni di pelo.]
Che anno, il 1994. Andavano
un sacco di moda le pubblicità progresso contro l’AIDS e a favore del
preservativo. Era uscito il numero 2000 di Topolino. Il programma del Bagaglino di quell’anno si chiamava Bucce di
Banana, ed è stato l’ultimo trasmesso dalla Rai. Poi USA ’94 e quel rigore
sbagliato da Baggio, l’evento che mi ha fatto uscire dall’infanzia,
probabilmente. È stato l’anno del primo e unico film che mi abbia condotto
quasi alle lacrime, Il Re leone (si, vabbè, lo stesso anno sono usciti anche Il Mostro, Il
Corvo, Forrest Gump, Stargate, Il Postino, The Mask e soprattutto S.P.Q.R. dei
Vanzina).
Ma l’evento di cui parlo
è avvenuto prima di tutto questo.
Anche prima di quell’edizione
del Festivalbar in cui vinse (un anno dopo il Raf di Battito animale e un anno
prima di Tieni il tempo degli 883) un tremendo Umberto Tozzi con la pessima Io
muoio di te.
[Mi sanguinano le orecchie.]
Si si, prima pure dell’undicesima
edizione dei Telegatti, col trionfo di Mara Venier, Fiorello e Ambra Angioini,
di Stranamore, di Beverly Hills 90210 e di Mi manda Lubrano.
[Loooooooooser]
Addirittura prima di
quella pietra d’inciampo che fu Sanremo 1994, con la vittoria del celeberrimo
Alessandro Baldi (?) con Passerà (secondo e terzo in classifica? Giorgio
Faletti con Minchia signor tenente e Laura Pausini con La solitudine).
Ebbene, il 26 gennaio, ampiamente
superati i fasti di un luculliano Natale a base di Pandoro e Fantaghirò 3, il grande, memorabile, imperituro evento. Si presentò
in TV un ometto già visto e sentito prima, con un discorso bizzarro e
impostato:
["un nuovo miracolo italiano".]
“L'Italia
è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti.
Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore.
Qui ho appreso la passione per la libertà” (ho trovato sul sito di repubblica il testo intero. Slurp.); ero convinto
che su qualche altra rete stessero facendo i cartoni animati, ma tutti i
vecchi si erano messi d’accordo per non farceli vedere, distraendoci con
stronzate come questa e con ampi (e infruttuosi) dibattiti sull’evento.
Non lo potevo sapere, ma
vent’anni dopo mi sarei ritrovato davanti a un PC a ricordare proprio quella
serata e a inorridire pensando che in tv e sui giornali c’è ancora lui, nemmeno
troppo invecchiato, a fare da protagonista, a dire e a fare le stesse cose e
soprattutto a interrompere i miei cartoni animati preferiti (perché sì, le
buone abitudini non si cambiano).
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