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In quelle condizioni
poteva essere molto difficile, se non impossibile, mantenere l’equilibrio. L’impari
lotta fra i ragazzini delle medie e l’accelerazione della metro (in favore,
inaspettatamente, dei primi) mi spingeva in direzioni mai esplorate da un
paraocchialuto come me: l’incavo fra sedili e portelloni d’accesso, lo snodo di
impegolata plastica fra i vagoni, l’inconsistente anello d’aria intorno ai
pali. Sembrava una di quelle scene da documentario, dove frotte di viscidi
serpenti si ingarbugliavano tutte per la stagione degli accoppiamenti, ma senza
il relativo rilassamento post-orgasmo, anzi, vittima di un senso di
inadeguatezza da non-oviparo; fuori, nel regno dell’Uomo Talpa, le rade luci di
emergenza saettavano in direzione contraria alla nostra, a intervalli
abbastanza regolari, e scandivano il nostro nuovo, personalissimo, tempo. Non
portavo già da tempo l’orologio, ma lì non mi sarebbe comunque servito, come
non mi servivano più le braccia o le gambe, ridotto com’ero a una spira fra le
spire. A ogni modo le luci correvano veloci, ormai non doveva mancare troppo, ma
mi accorsi di essere esattamente a metà fra un centinaio di abominevoli mutanti
in dirittura d’arrivo e i portelloni. Non volevo essere inghiottito, né scendere
così, per imbelle spirito emulativo, alla prima stazione (non che ricordassi,
lì per lì, la mia destinazione), né tantomeno volevo assecondare il flusso
limaccioso, uscire e poi rificcarmi a forza nella scatola mortale insieme a
migliaia di altre sardine eviscerate. Dovevo farmi forza, ricordare gli insegnamenti
del mio maestro, Splinter, lui sì che ne capiva di luoghi bui e sotterranei, di
tunnel inesplorati dall’uomo, manco era un uomo, in effetti, ecco, lui mi
avrebbe detto che quelli lì non esistevano, i mutanti intendo, che erano
illusioni, che l’ostacolo ero io, proprio io, e dovevo annullarmi, dovevo
sparire, assecondare con l’impalpabilità delle mie carni l’orda famelica, come
contro una raffica di vento, mettermi di lato, farmi sottiletta Kraft,
aerodinamicizzare il mondo intorno a me. Fu un disastro. La mia circonferenza
ventrale è notevole. I trucchetti da ninja funzionano solo con le tartarughe o
con quelli magri. Fui calpestato, sbranato, eroso, sgonfiato, sfibrato,
stracciato, gettato giù – per un attimo, aria vera, pura – poi issato nuovamente
su, impalato in una macabra lap dance di orrore, fatto addormentare e
risvegliare, giusto in tempo per vedere le porte chiudersi e una nuova
generazione di subumani circondarmi con i loro aliti tremebondi.
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