sabato 22 febbraio 2014

Narratio - M1 (parte III)




[Qui la prima parte]
 
Fra la prima e la seconda fermata feci amicizia telepatica con un cinegro che mi si era infilato fra le costole. Cinegro è una parola bellissima, non pensate male. Si usa nello slang suburbano, tutto qui, i miei genitori sessantottini non avrebbero approvato, è vero, ma loro non erano lì con me, e anche se ci fossero stati avrei dovuto aver superato l’età della ricerca dell’approvazione dei miei comportamenti da parte dei miei genitori – trionfo del genitivo – e dunque poche balle. Era molto simpatico, in ogni caso, aveva studiato medicina ed era venuto a vendere rose e bottiglie di birra; viveva ammassato in un monolocale con altri tre connazionali, tre altri membri dell’utopica nazione di cinegria, in cui rose e bottiglie di birra sono venerate come dee. Non gli dispiaceva tanto quella vita, alla fine qui aveva la speranza di diventare ambasciatore di cinegria e prendere il tè con gli altri ambasciatori, che da che mondo è mondo come attività principale hanno quella di prendere il tè; nel paese da cui proveniva erano tutti poveri, e ‘sto cazzo che lui ci credeva a quelli che dicevano che tanto qui in Italia è peggio, che loro immigrati avrebbero fatto la fame e che sarebbero stati sfruttati. Meglio questo che la morte. Fra le mie costole si trovava molto bene, suppongo, ero quasi indeciso se fargli pagare o meno qualcosa di affitto, non so, anche solo una birra delle sue o un check up medico, data la sua Bildung. Gli proposi, sempre tramite la telepatia, di aprire uno studio medico ambulante a poco prezzo, chessò, un euro o due, a offerta libera, o come dicono oggi gli alternativi hipster dimmerda, “up to you”. Sembrò interessato, peccato non avere avuto un notaio lì intorno per formalizzare il nostro accordo e iniziare il business. La sua fidanzata era rimasta in cinegria, quindi si era dovuto trovare una donna sostitutiva, si chiamava Luna ed era abbastanza brutta, cicciottella, ma per quello a cui serviva andava piuttosto bene. Mentre mi raccontava questo, avrei voluto chiedergli di spostarsi un po’ più in là, perché per quanto figo non ero ancora ai livelli di Cristo, quindi non sopportavo molto le perforazioni del costato e, con tutto il rispetto per il mio nuovo amico, non mi sembra nemmeno paragonabile alla leggendaria lancia di Longino. Però non lo feci, perché mi vergognavo, chennesò io che in cinegria queste robe non siano ritenute profondamente offensive. Poi ormai ero una specie di suo scudiero, lo avrei accompagnato in giro per il mondo, era meglio non incrinare i nostri rapporti, meglio incrinare la mia costola. Le luci scorrevano liete. Poi Iddio ci mandò un’altra mezza apocalissi, facendo tremare tutta la metro. Si stava avvicinando un’altra, esiziale fermata. Io ero abbastanza al sicuro, stavolta non sarei stato calpestato tutti, né trascinato nell’oblio più assoluto. In quella fugace primavera della vita, mi sentivo felice, col mio nuovo amico subaffittuario. Le porte si aprirono, i sigilli si ruppero, specie si estinsero e altre nacquero. Una mandria ci passò accanto. Disgraziatamente, afferrò il mio amico, sradicandolo dal mio tronco ormai assuefatto e frantumandolo nella massa informe. Ripresi a respirare, questo fu bene, ma soffrii incredibilmente, senza quella parte di me, senza il mio amico telepatico. Provai ad allungare una mano, a salvarlo, lui piangeva, io pure, quasi. Gridai verso di lui, come Atreiu gridò per Artax quando questi si lasciò precipitare per disperazione nella Palude della Tristezza. Aveva perso anch’egli la speranza.

[Continua qui]

2 commenti:

  1. Ebbene si: hai vinto un ambitissimo premio..

    http://cassetticonfusi.blogspot.com/2014/03/premio-liebster-award-god-bless-child.html

    RispondiElimina