mercoledì 19 febbraio 2014

Narratio - M1 (parte II)



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In quelle condizioni poteva essere molto difficile, se non impossibile, mantenere l’equilibrio. L’impari lotta fra i ragazzini delle medie e l’accelerazione della metro (in favore, inaspettatamente, dei primi) mi spingeva in direzioni mai esplorate da un paraocchialuto come me: l’incavo fra sedili e portelloni d’accesso, lo snodo di impegolata plastica fra i vagoni, l’inconsistente anello d’aria intorno ai pali. Sembrava una di quelle scene da documentario, dove frotte di viscidi serpenti si ingarbugliavano tutte per la stagione degli accoppiamenti, ma senza il relativo rilassamento post-orgasmo, anzi, vittima di un senso di inadeguatezza da non-oviparo; fuori, nel regno dell’Uomo Talpa, le rade luci di emergenza saettavano in direzione contraria alla nostra, a intervalli abbastanza regolari, e scandivano il nostro nuovo, personalissimo, tempo. Non portavo già da tempo l’orologio, ma lì non mi sarebbe comunque servito, come non mi servivano più le braccia o le gambe, ridotto com’ero a una spira fra le spire. A ogni modo le luci correvano veloci, ormai non doveva mancare troppo, ma mi accorsi di essere esattamente a metà fra un centinaio di abominevoli mutanti in dirittura d’arrivo e i portelloni. Non volevo essere inghiottito, né scendere così, per imbelle spirito emulativo, alla prima stazione (non che ricordassi, lì per lì, la mia destinazione), né tantomeno volevo assecondare il flusso limaccioso, uscire e poi rificcarmi a forza nella scatola mortale insieme a migliaia di altre sardine eviscerate. Dovevo farmi forza, ricordare gli insegnamenti del mio maestro, Splinter, lui sì che ne capiva di luoghi bui e sotterranei, di tunnel inesplorati dall’uomo, manco era un uomo, in effetti, ecco, lui mi avrebbe detto che quelli lì non esistevano, i mutanti intendo, che erano illusioni, che l’ostacolo ero io, proprio io, e dovevo annullarmi, dovevo sparire, assecondare con l’impalpabilità delle mie carni l’orda famelica, come contro una raffica di vento, mettermi di lato, farmi sottiletta Kraft, aerodinamicizzare il mondo intorno a me. Fu un disastro. La mia circonferenza ventrale è notevole. I trucchetti da ninja funzionano solo con le tartarughe o con quelli magri. Fui calpestato, sbranato, eroso, sgonfiato, sfibrato, stracciato, gettato giù – per un attimo, aria vera, pura – poi issato nuovamente su, impalato in una macabra lap dance di orrore, fatto addormentare e risvegliare, giusto in tempo per vedere le porte chiudersi e una nuova generazione di subumani circondarmi con i loro aliti tremebondi.


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