martedì 5 ottobre 2010

Meditatio de Autumno II - "Comunicatio"


Appurato che i social network non sono il posto ideale per giochi para-letterari o manifestazioni di acume, considerato che la brevità di un essemmesse impone una struttura testuale troppo breve e comunque troppo rigidamente definita, esclusa la possibilità di relazionarsi per via telefonica (sembra tramontata l’epoca delle lunghe telefonate), ridotte al minimo le possibilità di interagire di persona per via della troppa facilità a spostarsi e spostarsi lontano e spostarsi di continuo, che scenari si prospettano per la mia/nostra socialità?
I problemi nascono a monte, e sono dannatamente grossi. Parlare con qualcuno porta a incomprensioni, sempre. Cosa voglio dire io quando parlo con qualcuno o gli mando un messaggio o gli scrivo una mail? Una dichiarazione d’intenti prima di ogni atto comunicativo sarebbe pesante, noiosa, ridicola. Auspico la creazione di una scheda contenente i sottocodici linguistici da utilizzarsi, i referenti, le finalità, i limiti, da compilare prima di ogni nuova conoscenza e da far firmare ad ambo le parti.
Per non parlare di chi ascolta/legge discorsi di altri o per altri o fra altri. È un problema sorto da poco, forse dalla nascita dei social network o giù di lì. Le parole fanno male e per questo di solito non ne uso mai troppe, ma qualche volta per zelo creativo non ci penso su e mi lascio andare; senza considerare che dall’altra parte ci sono centinaia di persone a cui non interessa un accidenti la mia estemporanea elucubrazione, o che facilmente la fraintenderanno, o che la penseranno indirizzata a loro, o che la capiranno e ci soffriranno.
Le parole fanno male e i social network fanno male. Il blog è uno strumento più autarchico e personale, lo leggi se vuoi leggerlo, ti dà spazio per spiegare; ecco perché da oggi sarà meglio usarlo di più.
E magari sponsorizzarlo su Facebook.

4 commenti:

  1. Addendum: quello che ci frega è il non-detto, il sottotesto, ecco cos'è. Perchè postularne uno a priori?

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  2. a volte ci piace parlare, e parlare e parlare e farlo ancora...poche volte ci piace ascoltare...
    leggere fa sempre bene, perchè fa capire che ascoltare è al pari del raccontare!
    delle volte, anzi sempre, si impara più ascoltando e non parlando!

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  3. Si verissimo. Le parole fanno male perché assumono un significato diverso nel percorso tra la bocca e l'orecchio o tra una scrittura e una lettura. E la lettura e quindi i social network sono ancora peggio sotto questo aspetto, perché almeno un discorso di persona è accompagnato dalle espressioni corporee che possono mitigare una falsa interpretazione. D'altra parte il pensiero tramutato in parola o in lettere è l'unico mezzo che abbiamo per comunicare con gli altri. Basterebbe almeno smetterla di interrompere chi sta parlando, per ascoltarlo fino in fondo. Forse ci sarebbero meno fraintendimenti. E porsi sempre nei panni di chi riceve il tuo scritto per capire se qualcosa potrebbe disturbarlo.

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  4. E allora vai, datti da fare! E condividi.Come dice e scrive il mio amico blogger Bruno ( fagli una visita : http://psicoverona.blogspot.com )condividere fa bene.
    Ciò che dici a proposito dei blog penso sia giusto anche se nulla può sostitire quattro chiacchiere occhi-negli-occhi!! E poi bisogna roprio imparare ad ascoltare e mettersi nelle scarpe altrui, come dice Ambra.
    Ciao

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