sabato 13 luglio 2013

Iudicium - Pacific (D)rim.




Prendiamola alla lontana. Nella sterminata congerie delle mie passioni, ossessioni e perversioni svettano senza particolare ordine: la musica noise-rock anni ’90, la birra artigianale, l’agiografia latina medievale, la storia, i fumetti, il baccalà, Jimi Hendrix, Eugenio Montale, le camicie, i supereroi, gli horror, Dante Alighieri, la mortadella, il Big Muff, i robottoni giapponesi, le Tartarughe ninja, Emilio Salgari, i mocassini, Jerry Calà, Ernest Hemingway, Alborosie, il vino, i corvi, Lucano, i film di kung fu, il sesso, la Scuola poetica siciliana, il brigantaggio, la lingua tedesca, la Secessione viennese, i polizieschi italiani degli anni ’70, gli zombi, Truffaut, il medioevo, la trippa, Praga, i mostri giganti, Darwin, la Lemonsoda, la mitologia, le melanzane, Nietzsche, Joyce, il caffè, la poesia e il Napoli.
Ora, per farmi felice parlatemi di uno qualsiasi di questi argomenti, possibilmente senza indossare un camice mentre mi mostrate strane macchie nere su fogli di carta. Bene, qualche volta, per una serie di strane congiunzioni astrali, è possibile mandarmi in brodo di giuggiole, grazie all’antico e venerando rito della “combo”.


Ordunque, Pacific Rim è una di queste cose: non è forse il sogno di ogni persona (ogni persona sopra i vent’anni con problemi di socialità e/o di discernimento fra realtà e fantasia – mi rendo conto, è un po’ restrittivo, del resto il mio è un pubblico molto selezionato) un film dove enormi robottoni prendono a pugni e calci (e cannonate al plasma, spadate e portaereate) altrettanto mastodontici mostri venuti da chissàddove?
Guillermo del Toro è riuscito a tenere insieme il bizzarro collage, costruendo intorno a una trama lineare e perfettamente hollywoodiana una storia coinvolgente e immersa in un mondo affascinante. Siamo in un futuro prossimo in cui la terra è vittima di attacchi sempre più frequenti da parte dei Kaiju, che poi sarebbero quei mostroni giapponesi stile Godzilla o Rodan; questi provengono da un altro universo, collegato al nostro attraverso una faglia situata nelle profondità del pacifico. Poi blablabla, la razza umana si ricorda di Go Nagai e inizia a costruire robottoni giganti per sconfiggere gli invasori grazie al kung fu.
Si, la trama è più o meno questa, non c’è da girarci troppo intorno. Ma del Toro, l’abbiamo detto, sa il fatto suo, e costruisce un universo narrativo credibilissimo, senza cedere alle facili tentazioni del post-apocalittico, attingendo a piene mani dall’immaginario estetico dell’estremo oriente, pur in un quadro di valori schiettamente occidentale. I personaggi sono stereotipati quanto basta per affezionarcisi subito, senza troppi fronzoli, e senza perdere tempo in inutili pipponi introspettivi a cui ormai Hollywood ci ha abituati (si Nolan, sto parlando proprio con te): bastano un gesto o una frase a reggere il gioco dei ruoli. I rapporti interpersonali sono appena abbozzati, ma mai banalizzati, e anzi strutturalmente fondamentali: in particolare, lo schema si basa sul concetto di coppia, che si moltiplica nelle numerose endiadi presenti nel film e si riverbera su diversi piani del discorso narrativo.
Trama ben gestita e diegesi dall’enorme fascino estetico, dunque. Ma il vero motivo per cui Pacific Rim non è il solito, consunto filmone americano con botte ed esplosioni è la regia: montaggio eccezionale e ritmi amministrati con sapienza, un prologo delizioso e che immerge subito nell’atmosfera, inquadrature suggestive (anche piuttosto lontane dai canoni fantascientifici), nessuno scialacquamento o sbrodolamento barocco (Sneyder, so che mi leggi. Questa era per te). Un esempio su tutti è l’efficacia con cui del Toro introduce l’elemento onirico, cosa a cui ci aveva abituati già nel bellissimo Il labirinto del fauno (anche questa è per te, Christopher, 2-1!).

Va bene, forse come sempre ho esagerato nell’andare a scavare. Forse è solo l'entusiasmo post-visione. Forse il film è davvero la solita burinata a stelle e strisce, con in più solo un po’ di robetta giapponese che a noi ex-fanciulli cresciuti negli anni ‘80/’90 piace tanto.

Però, vivaddio, stiamo pur sempre parlando di:

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Cazzo, un sogno.

6 commenti:

  1. Bravo Dip,
    sono d'accordissimo con la tua recensione. La resa estetica, le atmosfere e la regia sono davvero notevoli e l'aspetto spettacolare è ai massimi livelli di credibilità. Il bambino che è in me ha goduto tantissimo nel vedere Daitarn e Mazinga prendere a pugni questi kaiju che mi ricordano Godzilla quanto gli Antichi di Lovecraftiana memoria.
    Detto ciò, speravo che riuscisse ad essere un po' meno convenzionale. Non parlo della struttura Hollywoodiana, adattissima alla tipologia di film, quanto del mancato sviluppo di alcuni punti di fascino singolare. In particolar modo avrei voluto veder approfondito il mondo di Kaiju, la loro provenienza e il loro arrivo; i rapporti problematici dell'interconnessione mentale potevano avere evoluzioni concettuali più profonde; lo sguardo appena abbozzato sul traffico d'organi di Kaiju (del Toro a manetta - una hong kong fantasy e grottesca che ci ricorda il mercato dei troll di Hellboy II-) mi ha lasciato una grande curiosità sul rappporto fra l'uomo, la società e la presenza dei mostri. Avrei scavato di più in quel mondo assurdo, sotterraneo.
    Le potenzialità erano grandiose, ad alcune è stata fatta piena giustizia, altre mi sembrano irrisolte. Bastava un combattimento in meno (unica piccola pecca della lotta è, secondo me, la ripetitività dei momenti, ma per fortuna non sbrodola mai come fa Snyder, che in Man of Steel è davvero estenuante) e qualche sguardo in più. Ma forse avrebbe allentato la tensione e il ritmo, che sono davvero ben gestiti.
    E comunque (diciamolo, questo conta, non facciamo gli snob), mi sono divertito!

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    1. E' vero, ci sono tanti spunti lasciati stare, che forse avrebbero meritato un approfondimento maggiore. Tuttavia queste lacune rendono il film molto "compatto", senza accenni ad aspetti che, ad approfondirli, sarebbero rimasti deludenti (cosa che per me è uno dei difetti dell'ultimo di Batman della trilogia di Nolan). A ogni modo si, il film ha una buona dose di ignoranza, e in questo caso mi sento di sposare la mozione "divertiamoci e poche pippe mentali"! ;)

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  2. Abbiamo un bel po' di gusti in comune...

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  3. Enrico condivido, buona regia, buon ritmo, connessioni neurali ( sono impegnato in un social group con americani e la problematica più dibatuta è la questione del self: relazionale o monade? Pacific Rim una risposta la dà).
    Abbracci eminen
    ziali

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  4. Leggo solo ora, con colpevole ritardo. Io sono rimasto francamente delusotto dal film, nel complesso. Si, ok, anche io ho avuto i miei bei momenti di erezione e le mie piccole gioie fatte di robottoni che facevano mosse di MMA contro dei mostroni, solo che francamente, nel complesso, non è mica poi tutto sto gran che di film... Lasciamo Ho provato a riguardarlo una seconda volta. La noia che non ti dico! Personalmente la considero una grossa occasione un po' sprecata...

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