[Ecco, forse lui era un po' troppo giovane...]
Da giovane appassionato
di poesia e aspirante vate dei popoli e delle nazioni, mi interrogo spesso su
come vadano le cose nel magico mondo dello scrivere in versi. Non che mi
paghino per farlo eh, sia chiaro. Anzi, vi dirò, fra tutti i possibili temi da
affrontare, quello dei soldi è il meno interessante. La poesia non si è mai
venduta, non si comincerà certo adesso. E, tutto sommato, anche le bagarre sul self-publishing, sull’editoria a pagamento, sulle agenzie letterarie,
sul crowdfunding mi annoiano
abbastanza.
La percezione che la
gente ha della poesia, invece sì, mi interessa; non tanto per fare il pop a
tutti i costi, ché come sapete proprio non mi si attaglia, quanto piuttosto per
capire su quale pianeta sono, e in quale tempo. Nemmeno lo scrittore più
trascendentale può sottrarsi a questo collocarsi nel mondo, pena una sorta di
autismo spacciato per autoreferenzialità mallarmeana.
Ecco, in questi due anni,
muovendomi timidamente in un mondo che non conoscevo, quello dei poeti e dei
critici, ho capito che anche la poesia è dominata dai vecchi. No no, non
comincio con robe sulla rottamazione, sul “mandiamoli a casa” e cose simili,
anche se ormai i blog famosi fanno soprattutto cose del genere. Anche perché, tutto
sommato, la poesia si porta dietro un’aura di venusta solennità, se non da
sempre almeno da quando, alle elementari, non compare sul sussidiario il
faccione ipotetico di quell’orbo vecchiardo di Omero. E questo non è un male.
La poesia è conservazione, è ricordo, è discendenza, e forse proprio l’eccesso
del “nuovo” ha, a un certo punto, fatto scricchiolare il tutto. Eppure, se penso
alla poesia, la prima immagine che mi sovviene non è quella di Berlusconi
assistente geriatrico; è piuttosto quella di un bambino in piedi sulla sedia
che recita filastrocche sul Natale, o quella di un sedicenne scapigliato (nel
senso di spettinato, eh) che si strugge per una tizia vista in un bar… Quello
che è cambiato, evidentemente è a questo livello. La poesia era una ragazzata,
un gioco. Nel bene e nel male, sia chiaro: era una cosa non redditizia e non
seria, quindi un po’ inutile e deprecabile, ma sapeva di fresca ingenuità, di
genuina espressione, di interesse disinteressato.
Lo so, adesso pensate che
stia per partire un pistolotto nostalgico sul mondo che fu, sui treni in
orario, sulle bonificazioni dell’Agro Pontino e roba di questa risma. No. Non è
che ci siamo di colpo tutti rimbecilliti, e non è vero che io sono il giovane salvatore
poeta del nuovo millennio (cioè, questo un po’ è vero, ma non ditemelo troppe
volte che poi arrossisco). I giovani non sono più interessati alla poesia perché
ci sono tante nuove forme sintetiche e simboliche d’espressione, che si
integrano meglio con la nostra vita, virata verso la semplificazione tecnologica
e l’interconnessione. Niente di male, se non fosse che la poesia non è
sostituibile al 100% con Twitter, con i cori da stadio, con la Pausini e con
gli slogan pubblicitari; lo è, forse, per una buona parte, ma rimane
una fetta di significazione che non può esservi trasferita: è la difficoltà. Il
confronto con la complessità, con il multiforme, con i limiti e con le scalate
del pensiero, delle emozioni, della lingua, queste sono le componenti che solo
la poesia, fra i mezzi di comunicazione sintetico-simbolici, può raggiungere.
Non temiamo, dunque, la
complessità, la profondità; non facciamoci schiacciare da un mondo così
complesso da farci sfuggire nell’immediato, nel semplice, nel già dato. Non
arrocchiamoci in posizioni di sicurezza, di coerenza, di pace: tentiamo il
verso, che poi si cucca anche abbastanza.
Tutto ciò per dire che c’è
ancora una settimana per partecipare alla selezione per poeti under-30 indetta
da CFR edizioni: verranno scelte fino a 12 raccolte da pubblicare entro l’autunno
del 2014. Finora le adesioni sono state misere (io parteciperò con una nuova
raccolta, di cui avremo modo di parlare…), facciamoci sentire! Qui il link con il bando alla selezione, che è stata prorogata fino all’8 giugno.
Dunque trascrivete dai
vostri bravi diari di scuola, dai vostri blog, dai vostri cassetti più
reconditi e provateci!
Per "la fetta di significazione che non può essere trasferita", io sposo all 99% la definizione di Carlo Salinari: "La poesia non appartiene mai al momento della spontaneità, ma a quello della direzione: essa non è effusione sentimentale, immediatezza, impulso irrazionale, ma conoscenza della realtà, diversa dalla conoscenza scientifica e storica, e tuttavia non meno profonda e complessa". La Poesia nasce quindi (anche) dalla ragione e scaturisce necessariamente da un'intensa elaborazione culturale.
RispondiEliminaConcordo con tutto e anche con quell'1% di non-accordo ;) per me sta nel fatto che Salinari dica che la poesia non appartiene allo spontaneo e al sentimentale; per me invece non appartiene SOLO allo spontaneo e al sentimentale!
EliminaDici che i giovani non sono interessati alla poesia? Uhm... io seguo il gruppetto torinese che fa poetry reading (e scrivono poesie e raccolte essi stessi), che immagino tu conosca, e di lì altri a livello di nord Italia. E mi sembra l'interesse ci sia, e in alcuni casi produca anche risultati di ottimo livello. Baci :-)
RispondiEliminaOttimi i gruppi di reading e i poetry slam (quello torinese poi è di livello e con belle persone), ma anche loro, nonostante denotino voglia di agire e di fare (= poetare), rimangono gruppi, circoli (nei peggiori dei casi conventicoli o sette, come buona parte dei gruppi di poesia su facebook o sulla rete, che pure frequento), non tanto tesi verso il fuori, quanto, tutto sommato, intenti a raccontarsela fra loro. Ripeto, nella fattispecie il gruppo torinese è eccellente e fa anche un sacco di eventi aperti e dal taglio volutamente inclusivo (del resto siamo in terra di Catalano, che è un bravissimo performer e uno dei nomi che gira di più), ma innanzitutto non è giovanissimissimissimo, e poi è un caso piuttosto peculiare, in una città come Torino abbastanza vivace letterariamente parlando.
EliminaQuello che mi dispiace è che la poesia (non la mia, che è noiosa e blablabla, ma la poesia in generale) non riesca a essere concorrenziale con altre forme espressive, e che questo squilibrio sia a scapito di una bella bildung completa e arricchente. Poi, per carità, si sopravviverà, ma sarebbe così bello condividere questa gioiosa attività del giocare con le parole...!
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RispondiEliminaA chi lo dici, darling, da un po' di tempo ci gioco anche io, e me la sto - quando mai? - godendo assai :-)
RispondiEliminagià già! :)
Elimina"Inoltre l'artista deve conoscere le profondità dello spirito e dell'animo, e tanto più lo deve quanto più si colloca in alto. Una tale conoscenza non la si possiede immediatamente, la si acquista soltanto attraverso lo studio del mondo interno ed esterno. È attraverso questo studio che l'artista ottiene la materia per la sua rappresentazione. Può poi accadere che un'arte richieda maggior studio di un'altra. Per esempio la musica ha a che fare con i sentimenti interni del tutto indeterminati, le pure sonorità dell'animo, priva di contenuto e di pensiero [...] e dunque non le è affatto necessario il possesso da parte della coscienza di una materia spirituale; ragionr per cui il talento musicale si manifesta per lo più già precocemente [...]. Nella poesia le cose vanno diversamente, giacché qui è in gioco una presentazione ricca di pensiero dello spirito umano e delle potenze che lo muovono. Ed è per questo che le prime produzioni di Schiller e di Goethe sono spesso rozze e barbariche, fredde e piattamente prosaiche, il che contrasta con la rappresentazione usuale, la quale ritiene che l'ispirazione sia connessa con il fuoco giovanile. Solo attraverso l'educazione intellettuale quegli uomini hanno prodotto le loro opere più belle e profonde. Omero ha creato i suoi canti immortali solo da vecchio."
RispondiEliminaNon sto manco a dirti di chi sono queste parole, si capisce dopo le prime due righe. Mica male come contro-voce, eh?
E a 'sto bello Hegel rispondo che la poesia è l'unica arte il cui strumento è di tutti e da tutti, in diverse misure, padroneggiato: la lingua.
EliminaLa poesia, da sempre, è letta soltanto dai poeti. Ai poeti il compito di diffonderla a tutti, e nella maniera giusta, anche attraverso i nuovi canali di comunicazione. Dentro e fuori dalle scuole c'è una grande domanda di "senso", ma oggi le risposte il più delle volte non si cercano sui libri. Bisogna stimolare tutti i sensi. Chiediamo ai registi, agli attori, ai cantanti, agli artisti tutti, di diffonderla.
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