mercoledì 5 ottobre 2011

Narratio - "Pseudo-Moccia"


Quella notte era una cagna dal ventre atro e arcuato che correva stupidamente cercando di mordersi la coda. Camminavo da un paio d’ore, senza un motivo e senza una meta. Gli eleganti palazzi deserti provavano a spaventarmi con le loro luci alogene di emergenza e i loro cortili bruciacchiati, ma io all’epoca ero un ragazzo coraggioso, si, ero indomito e battagliero, non potevano essere degli ammassi di pietra e mattoni e vetro e carne e agglomerati di anime a intimorirmi. Non ricordo che mese fosse, mi pare febbraio o marzo; ricordo che era un lunedì perché di lunedì facevano il lavaggio strade in quella zona. Una camionetta mi sradicò l’udito con le sue diaboliche spazzole che castravano l’asfalto, nel vano tentativo di togliere le gomme da masticare e altre schifezze. La quantità di gomme da masticare attaccate per terra era impressionante. Quella notte ne contai centottantuno, prima di annoiarmi. Poteva essere un interessante indicatore sociale, quello delle gomme. Chissà interpretabile in che modo.
Mi piacerebbe poter dire che non incontrai Brigida per caso, eviterei noiosissimi e ritriti pipponi pseudo-Moccia sul destino e sull’amore e cose così, però davvero, ve lo giuro, la incontrai per caso. Lei non sapeva dove fosse la fermata del 16, io non sapevo spiegarglielo e a dire il vero non avevo tanta voglia di provare a farlo. Ma andavo in quella direzione, così facemmo un centinaio di metri assieme. Camminavamo a un metro e mezzo di distanza, io stretto nella mia sciarpa, lei nel suo cappotto verde. Parlammo intensamente, ma solo nella nostra testa. Mentalmente mi raccontò che aveva ventidue anni e studiava greco miceneo, che aveva una nonna scampata ai campi di concentramento, che suonava l’oboe, che amava Verlaine, che una volta aveva bevuto così tanto da inciampare e cadere addosso a un vigile, che però era stato gentile e non le aveva detto niente, che amava la Normandia, che il suo pittore preferito era Gauguin e che le piaceva il tonno scottato alla piastra. Anche che si chiamava Brigida me l’aveva detto con la trasmissione del pensiero.
- Grazie, buonanotte -, disse mentre saliva sul 16, sorridendomi appena.
Immobile, feci lo stesso.
Lo sferruzzare acre dei binari mi riempì per qualche secondo le orecchie, poi l’ultimo tram della nottata si disciolse nella città, lasciando un sentore di piscio e di mandorla nell’aria.
Non penso di ricordare il numero di telefono che mi lasciò telepaticamente.

5 commenti:

  1. Non ho mai letto qualcosa scritto da Moccia, però mi piace immaginarlo come uno che non sa scrivere "piscio" e "oboe".

    PS: la mia parola di conferma era "fuzzygod", non so se questa l'avrebbe saputa scrivere... forse sì.

    RispondiElimina
  2. sarebbe bello capire con che criteri mettano le parole di conferma. Chi le inventa, insomma. Sento puzza di cospirazioni e divinità al di là del tempo e dello spazio.

    RispondiElimina
  3. Sì, decisamente "pseudo-Moccia"... ma a te i complimenti li faccio, a Moccia mai! ;)

    Dovrò recuperare l'altro racconto, prima o poi. :)

    P.S.: Ehm... la mia parola di conferma è invece "estort". :S
    ????!!! :P

    RispondiElimina
  4. Io di Moccia non ho mai letto o visto nulla o sentito o cantato. Insomma.. chi è? Esiste sul serio?

    Il bello è che io riesco a sentirmi esattamente nei luoghi che descrivi. Come se potessi vedermi dall'esterno. Addirittura stavolta sentivo il freddo. Non ho immaginazione ma ho la capacità di costruire esattamente quello che penso tu abbia in mente nelle descrizioni.

    RispondiElimina
  5. Noo, altro che Moccia. :)
    Questi sono i racconti di cui vorresti leggere di più ed ancora di più. :)

    RispondiElimina