domenica 30 giugno 2013

Discesa in campo(santo) II



[cerveeeeeeeeeeeeello...]

La notizia è recente, non sconvolgente ma nemmeno rassicurante, come un copione già scritto e inaspettatamente tirato fuori per un’ultima rappresentazione a sorpresa, un bis (o ter, quater, quinquies…) oltre tempo massimo, il canto del cigno prima della più o meno inevitabile fine: Berlusconi scende in campo con un nuovo progetto, Forza Italia.
Ora, va bene che la mia memoria non è proprio elefantina, ma giuro che questa scena l’ho già vista. 


È come il gatto nero in Matrix, quello che attraversa la stanza e poi si rivela essere un errore del programma che ti fa rivedere la stessa cosa due volte, un deja vù, ecco.
L’immortalità politica del cavaliere-zombi è ormai data per scontata; che si ritirasse era davvero difficile: ma ve li immaginate gli zombi, dopo La notte dei morti viventi, dire “oooook amici, ci siamo divertiti, abbiamo fatto un po’ di casino, adesso meglio tornare a casa a continuare i nostri festini senza magari far estinguere la razza umana…”?! No, la storia del cinema ci insegna che esistono i sequel, e anche i sequel dei sequel, a volte i prequel: in questo caso si può parlare di remake, immagino: “Morta Italia – dieci anni dopo”.

venerdì 28 giugno 2013

Di draghi e di ospedali



Ogni tanto, preso da attacchi di Proustata (che non è la prostata, ossia quel malanno che affligge noi ometti quanto raggiungiamo la mezza età e che costringe medici più o meno compiacenti a infilare nei nostri loci amoeni dita involte nel latex; è piuttosto la tendenza a mangiare o annusare oggetti vari nel tentativo di rivivere l’infanzia ormai lontana), mi metto a frugare nella cesta dei miei vecchi giocattoli.
Oggi ho trovato questo.
  

Non ci è voluto molto per riconoscere l’arcano balocco. Trattasi di esemplare adulto ma evidentemente denutrito di Dragon Flyz.
Ma andiamo con ordine (Informazione di servizio: stavolta più che mai vi chiedo di ascoltare la sottostante colonna sonora mentre continuate con la lettura, ne va di una perfetta ricostruzione diegetica).


È il 1997: la clonazione non è più un sogno e l’aberrazione lanuginosa nota ai più col nome di Dolly fa il suo ingresso nei talk show di tutto il mondo (forse proprio per questo, nello stesso anno, esce Alien 4 – La clonazione); “Fiumi di parole” dei meravigliosi Jalisse (uno dei gruppi più rappresentativi del bel paese, come dimostreranno i loro numerosissimi successi futuri) vince Sanremo; Blair si appresta a riconsegnare l’Inghilterra ai laburisti, mentre Clinton bissa in USA (e assume stagiste manco fosse la Fornero); Deep Blue, l’avveniristico computer dell’IBM, batte a scacchi quel cervellone di Kasparov (macchina-uomo 1-0, ma io non mi stupii, perché perdevo sempre a Chess, su Windows 3.1); Hong Kong, posto che conoscevo (e conosco tutt’oggi) solo per i suoi meravigliosi film di mazzate, torna alla Cina; i flussi migratori dall’Albania in Italia raggiungono il loro culmine, facendo la gioia di Bossi e soci, che non a caso incassano voti e consensi (il piccolo Trota ancora non sapeva che proprio lì, a Tirana, un giorno lo avrebbe condotto il fato); Lady Diana muore in circostanze sospette nell’incidente del tunnel de l’Alma (mentre il mondo si interrogava sui gusti sessuali di Carlo, che preferiva quel cesso di Camilla); muore pure un’altra donna famosa, Teresa di Calcutta (al secolo, pochi lo sanno, si chiamava Anjëzë Gonxhe Bojaxhiu. Meglio Teresa, ecco); nasce Google (e qui le battute meta-mediatiche si sprecherebbero, ma già usare la parola meta-mediatico mi ha messo in ridicolo, può bastare); Dario Fo vince il premio Nobel per la letteratura (il primo italiano dopo 22 anni, se il ritmo si mantiene lo stesso, io dovrei vincerlo nel 2019).

In tutto ciò, a proposito dei malesseri sotto la cintola che affliggono noi maschietti di cui si è parlato sopra, io, all’età di 10 anni, mi sono operato di fimosi. La fimosi, in soldoni, è una specie di circoncisione, ma senza menate ebraiche di contorno. Cioè, anche se mi sono fatto la fimosi non faccio parte del popolo eletto, ma in compenso posso mangiare carne di animali dallo zoccolo fesso.
Nella tristezza di una solitaria giornata di ricovero, mentre il vecchio alla mia destra si pisciava addosso e quello alla mia sinistra moriva in modo rumoroso, mio padre mi portò in regalo un Dragon Flyz.
Ero pieno di gioia, perché non ne avevo uno, e nel 1997 non averlo era orribile. Tutti gli amichetti che ne avevano uno erano più fighi di te. E, udite udite, anche le femmine. Sì, perché questi aggeggi pseudo-Tolkeniani non erano altro che un’astuta mossa di marketing di qualche testone americano, che l’aveva plasmato a partire da una linea di giocattoli di culto dell’anno precedente, le magiche ballerine volanti.


Bleah. Sberluccicanti fatine fighettine in groppa a vibratori giganti, da far volare e roteare tirando una vezzosa cordicella. Altro che, vuoi mettere con un cazzutissimo drago squamato e con gli occhi luminosi, sebbene tozzo e gobbuto?! Ahimè, crudeltà del tempo che tutto annienta, non sono riuscito a recuperare l’omino volante associato al bestio verde, ma lunghe e meticolosissime ricerche su google (che ben conosce l’argomento perchè, come abbiamo visto, è coetaneo dei Dragon Flyz) mi permettono di mostrarvi il suo aspetto:


Non proprio un adone, lo ammetto. 
Fui felicissimo del regalo di mio padre, non ne considerai affatto le innumerevoli implicazioni freudiane (padre-regala-drago-a-figlio-in-risarcimento-di-prepuzio-perso), ma sono sicuro del fatto che se oggi sono un uomo che si gode tranquillamente la sua sessualità, sia anche merito del Dragon Flyz ricevuto allora. Correvo come un pazzo per i corridoi dell’ospedale, facevo volare l’omino e cantavo a squarciagola la sigla del cartone (perché si, il testone americano di cui sopra, nella stessa riunione di marketing, aveva pensato di farne una serie animata), noncurante del vecchio che si pisciava addosso, delle infermiere disperate, delle persone che piangevano, delle infermità, del male e della morte che mi circondavano.

 
Come spesso succede a Proust (sempre quello feticista che mangia e annusa cose), anche io sto divagando. Ma in fondo, sono partito proprio con queste intenzioni.

martedì 18 giugno 2013

Upgrade, o almeno ci si prova...

Il problema di fondo è che io sono uno che studia l'agiografia medievale e tiene un blog coi titoli in latino. Pretendere un upgrade così, d'improvviso, è troppo. Vi scrivo infatti dal mio tecnologicissimo smartphone (parola che, mi accorgo, non conosce nemmeno il T9) di terza fascia, quelli da 200 euri, per capirci. Ora, non sono sicuro di riuscire a pubblicare questo post, ma ci provo.
Avete presente quando vi dicono "oh, non vedo l'ora di non avere impegni, così mi metto a scrivere!"? Ecco, menzogna abissale. Ma 'sto giochino che promette di pubblicare mentre sono sul treno è un buono sprone; la tecnologia del resto serve a questo, no? A stimolare la creatività e il progresso.
Un po' come quando hanno inventato la bomba atomica: tutti a dirne male, ma poi grazie ad essa hanno tirato fuori il nucleare.
Ok, esempio sbagliato.